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Raffaele Buccolo "con l'OSINT racconto storie invisibili al giornalismo tradizionale"
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Raffaele Buccolo "con l'OSINT racconto storie invisibili al giornalismo tradizionale"

Intervista con un esperto di Open Source Intelligence e collaboratore di Inside Over

Nella puntata odierna de L’IM(PITCH)IONE, esploriamo il mondo dell’Open Source Intelligence (OSINT) con un esperto del settore, Raffaele Riccardo Buccolo, collaboratore di Inside Over per cui segue gli avvenimenti di Gaza quotidianamente.

Un viaggio nell'uso delle fonti aperte per analizzare conflitti e dinamiche globali, con particolare attenzione al Medio Oriente e a Gaza. Tra metodi innovativi e testimonianze dirette, Buccolo ci racconta come l’OSINT stia diventando uno strumento fondamentale per il giornalismo investigativo, offrendo nuove opportunità di analisi e verità in contesti dove la presenza sul campo dei giornalisti non è sempre possibile.


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L’ultima volta che abbiamo collaborato insieme è stata un’esperienza fantastica. Ti va di ricordare cosa abbiamo realizzato?

Certo! Abbiamo lavorato su diversi progetti interessanti. Ricordo il reportage per Valigia Blu al rifugio del pittore russo in Piemonte, il lavoro sulla disinformazione tra Bulgaria e Romania, e, ovviamente, la nostra partecipazione al Festival del Giornalismo di Perugia.

È passato un po’ di tempo dall’ultima volta che ci siamo visti… cosa ti ha portato alla posizione che ricopri oggi?

È stato un percorso interessante. Attualmente collaboro con Inside Over e mi occupo principalmente di Medio Oriente, con un focus particolare su Gaza. All’inizio lavoravo su temi esteri in generale, ma pian piano ho proposto alla redazione di approfondire questa specifica area.

Come hai fatto a convincere la redazione?

Ho osservato le loro esigenze e ho capito che le mie competenze potevano arricchire il loro lavoro. Ho iniziato ad applicare le mie conoscenze sulla ricerca di fonti e sul lavoro a distanza, visto che non sempre è possibile essere sul luogo degli eventi. Ho sviluppato un approccio che ci permette di ricostruire le dinamiche del conflitto, anche senza una presenza fisica.

Quindi hai fatto leva sulle tue competenze per proporre un focus specifico e stabile.

Esatto. Ho chiesto alla redazione di lavorare su Gaza in modo continuativo e, con il tempo, ho lasciato da parte altri temi per concentrarmi su questo. È un lavoro che richiede metodo, ma anche grande adattabilità per affrontare le sfide del contesto.

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Cosa significa oggi lavorare nel campo dell'Open Source Intelligence (OSINT)?

L'OSINT, o Open Source Intelligence, è la ricerca di informazioni da fonti aperte, ovvero da dati accessibili pubblicamente. Non stiamo parlando di spionaggio o di segreti governativi, ma piuttosto dell’uso delle risorse disponibili online. Gli esperti di OSINT, ad esempio, possono estrapolare informazioni da banche dati pubbliche o da siti web governativi, sapendo dove cercare e come utilizzare gli strumenti giusti. In sostanza, è un lavoro che riguarda l’analisi di ciò che è già disponibile, ma che richiede competenze avanzate per raccogliere e analizzare i dati in modo efficace.

Quindi, come si differenzia questo lavoro dal giornalismo tradizionale?

La differenza principale risiede nell'approccio alle fonti. I giornalisti tradizionali tendono a fare affidamento su fonti dirette come attivisti, informatori o contatti all'interno dei ministeri. Chi lavora nell'OSINT, invece, si affida principalmente a informazioni reperibili attraverso internet o banche dati accessibili, senza necessità di contatti privilegiati. Inoltre, il lavoro di un esperto di OSINT richiede una metodologia specifica, l'uso di strumenti e tecniche particolari per estrapolare dati, come nel caso della geolocalizzazione in situazioni di conflitto.

Puoi raccontarci un esempio pratico di come l’OSINT viene applicato in un contesto di conflitto?

Un caso interessante riguarda la geolocalizzazione, che è fondamentale per confermare eventi come bombardamenti. Ad esempio, nel caso di Gaza, dopo aver visto una colonna di fumo alta su un satellite, ho iniziato a raccogliere informazioni utilizzando tecniche di geolocalizzazione. Ho analizzato mappe 3D e cercato dati su Facebook per capire dove si trovasse l'area colpita. In questo caso, sono riuscito a identificare che il bombardamento aveva colpito un impianto che produceva depuratori d'acqua, un'informazione cruciale per comprendere l'impatto del bombardamento.

L’OSINT è un’abilità che richiede una formazione specifica. Come ti sei avvicinato a questo campo?

Il mio percorso non è stato tradizionale. Ho iniziato con una laurea in scienze della comunicazione a Bologna, dove ho sviluppato una mentalità aperta verso il giornalismo. Successivamente, ho conseguito un master in giornalismo a Parma, ma ciò che mi ha veramente appassionato è stato un master in Intelligence economica a Milano. È stato lì che ho scoperto l'OSINT e ho iniziato a capire come applicare queste tecniche nella ricerca di informazioni. Purtroppo, in Italia, non ci sono corsi universitari specializzati in OSINT, ma mi auguro che in futuro questa lacuna venga colmata.

Qual è, secondo te, l’importanza dell’OSINT nell’ambito del giornalismo oggi?

L'OSINT ha un ruolo fondamentale nel giornalismo investigativo moderno, soprattutto quando le informazioni sono difficili da ottenere direttamente sul campo, come nei conflitti o in situazioni di censura. La capacità di raccogliere e analizzare dati pubblici in modo preciso e strutturato fornisce una fonte alternativa di verità che può fare la differenza, soprattutto quando il giornalismo tradizionale non è in grado di accedere a certe informazioni. In contesti come Gaza, ad esempio, l’OSINT consente di ottenere prove digitali che possono essere utilizzate per raccontare la verità dietro eventi che altrimenti rimarrebbero oscurati.

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Che ruolo ha avuto il corso dell'Atlantic Council nel tuo percorso professionale e cosa ti ha insegnato?

Il corso dell'Atlantic Council è stato fondamentale per la mia formazione. L'ho definito "essenziale" perché non solo ha arricchito la mia preparazione nel campo dell'open source intelligence, ma mi ha anche aperto gli occhi su come capire chi c'è dietro le campagne di disinformazione. Inoltre, la multiculturalità che ho sperimentato durante il corso è stata incredibile: ogni giorno avevamo docenti da diverse parti del mondo, come la Georgia, il Nevada, l'America Latina e il Sudafrica, il che mi ha permesso di ampliare la mia visione globale.

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Come si arriva a collaborare con redazioni importanti come Inside Over? Quali sono gli step da seguire?

Non esiste una ricetta unica per arrivare a una collaborazione stabile con una redazione. Tuttavia, il primo passo è costruire un background solido di articoli. Se si parte da zero, suggerisco di iniziare con redazioni più piccole o con giornalismo locale. Una volta che si ha un po' di esperienza e si ha una chiara specializzazione, come nel mio caso nell'open source intelligence, le probabilità di essere presi in considerazione da una redazione aumentano. Le redazioni sono sempre più interessate a giornalisti specializzati in un ambito specifico, quindi è importante concentrarsi su una nicchia. Quando cominci a fare pitch, le redazioni ti chiedono di inviare un portfolio con i tuoi migliori articoli, che puoi caricare su LinkedIn come biglietto da visita.

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Qual è l'importanza di non demordere e come affronti i rifiuti?

Il giornalismo è un mondo in cui si prendono molti "no", ma quei pochi "sì" sono una grande soddisfazione. È un lavoro che richiede molta pazienza. Anche io, all'inizio, ho fatto tanti pitch senza ricevere risposta, ma è importante non scoraggiarsi. La chiave è credere nel proprio lavoro e perseverare. Quando finalmente arrivano le soddisfazioni, sono davvero gratificanti, soprattutto quando collabori con redazioni di prestigio. Per esempio, la mia esperienza con Inside Over è stata una di queste soddisfazioni.

A chi ti ispiri come giornalista e quali sono i materiali che consigli a chi vuole intraprendere questa carriera?

Ci sono due autori che mi hanno influenzato molto. Gino Strada, fondatore di Emergency, e Tiziano Terzani, giornalista e autore. Entrambi mi hanno insegnato l'essenza del giornalismo: Strada mi ha mostrato la centralità delle vittime di guerra, mentre Terzani mi ha ispirato per il suo approccio umano e per come ha affrontato il suo lavoro fin dai primi anni. Per chi vuole imparare, consiglio di seguire risorse come BellingCat e il Center for Information Resilience, che sono punti di riferimento per chi si occupa di open source intelligence applicata al giornalismo.

Come definiresti la tua esperienza personale con la guerra, e qual è il messaggio che cerchi di trasmettere attraverso il tuo lavoro?

Quando si racconta una guerra, è fondamentale comprendere il contesto politico e sociologico, ma ciò che veramente mi ha colpito è il focus sulle vittime. Come dice Gino Strada, "l'unica verità della guerra è la tragedia delle vittime". Questo è un concetto che porto sempre con me quando racconto conflitti. Non basta parlare della politica o delle scelte strategiche; bisogna ricordare che al centro di ogni guerra ci sono le persone che ne soffrono.


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L'IM(PITCH)ONE è il podcast de L'ora del Pitch, dove ogni settimana offriamo le migliori opportunità di giornalismo, scrittura e storytelling. Un mix di interviste, consigli pratici e riflessioni sul futuro del giornalismo, per ispirare e connettere la comunità di raccontatori del mondo.