Ogni 10 novembre, la comunità globale celebra la Giornata Mondiale della Scienza e dello Sviluppo, un'occasione dedicata a sottolineare il ruolo fondamentale della scienza nell'affrontare le sfide del nostro tempo. L'iniziativa, promossa dall'UNESCO nel 2001, mette in luce come la scienza influenzi le nostre vite quotidiane e come contribuisca alla promozione della pace e dello sviluppo sostenibile a livello globale.
Il tema della Giornata Mondiale della Scienza 2024 è "I Giovani in prima linea", in linea con il Decennio Internazionale delle Scienze per lo Sviluppo Sostenibile (2024-2033). Quest'anno, l'attenzione è rivolta all'empowerment dei giovani e del pubblico non scientifico, offrendo loro l'opportunità di dialogare con scienziati di spicco su come la scienza impatti la nostra vita quotidiana e possa contribuire a risolvere le sfide urgenti a livello globale, dalle problematiche locali alle preoccupazioni internazionali.
In questa occasione, abbiamo avuto ospite de L’imPITChone, il podcast de L’Ora del Pitch, Eva Benelli, giornalista scientifica di lunga carriera. L'intervista è stata un'opportunità per riflettere sul suo percorso professionale e sulle sfide quotidiane del giornalismo scientifico in un'epoca in cui la chiarezza e l'affidabilità dell'informazione sono più che mai cruciali.
Eva Benelli, tra i soci fondatori dell'agenzia di editoria scientifica Zadig, è la responsabile della sede di Roma e si occupa principalmente di comunicazione del rischio e delle emergenze, con un focus sulla comunicazione istituzionale sanitaria. È inoltre responsabile della redazione del sito EpiCentro dell'Istituto Superiore di Sanità, così come di altri portali legati alla sanità pubblica. Oltre al suo lavoro giornalistico, Eva è docente di comunicazione istituzionale in numerosi corsi di formazione e coltiva la sua passione per il canto popolare con il coro del Circolo Gianni Bosio.
Concludiamo questa intervista con una riflessione che non possiamo ignorare: in un contesto globale in cui la scienza e la salute sono temi sempre più al centro del dibattito pubblico, il giornalismo scientifico ha un ruolo fondamentale nel garantire che l'informazione arrivi in modo preciso, coinvolgente e comprensibile per tutti.
Conosci un ospite interessante da intervistare nel nostro podcast L'imPITChone?
Se conosci un professionista, un esperto o una persona che ha una storia da raccontare nel mondo del giornalismo o della scrittura, scrivici! Non vediamo l'ora di ascoltarti!
Eva, grazie per essere con noi oggi. Iniziamo con una domanda su di te: cosa ti ha spinto a diventare giornalista scientifica e quali sono le redazioni con cui hai collaborato nel corso della tua carriera?
Grazie a voi per l'invito. Sono una giornalista con una lunga carriera, iniziata come freelance collaborando con testate generaliste. Ho sempre avuto una passione per la scienza e la salute, e con il tempo mi sono accorta che il giornalismo tradizionale non rispondeva alle esigenze di una comunicazione scientifica efficace. L'approccio nei media era superficiale e spesso all’oscuro dei principi del metodo scientifico, così ho deciso di concentrarmi su temi legati alla scienza e, successivamente, alla salute, con l'obiettivo di offrire una narrazione più accurata e approfondita.
Cosa ti ha spinto a cambiare rotta verso la comunicazione scientifica e come si è evoluta la tua carriera?
La vera svolta è arrivata quando ho iniziato a collaborare con l'Istituto Superiore di Sanità, in particolare per un caso controverso legato alla sperimentazione del metodo Di Bella negli anni '90. Quella situazione ha messo in luce l'enorme divario tra la scienza e la sua comunicazione nei media. Ho capito che la comunicazione scientifica era spesso gestita in modo inadeguato, con scarse strategie e un'approfondita mancanza di rigore. Quella esperienza mi ha spinta a riflettere sul ruolo della comunicazione del rischio e della crisi, e alla fine mi ha convinta a lasciare il giornalismo tradizionale per sviluppare progetti più mirati e efficaci nella gestione della scienza.
Dopo questa esperienza, hai continuato a collaborare con istituzioni. Come si è evoluto il tuo lavoro?
Esattamente. Ho lavorato e continuo a lavorare con l'Istituto Superiore di Sanità, dove ho contribuito alla creazione di Epicentro, un portale dedicato alla sanità pubblica. È stata un'esperienza ricca e produttiva, perché abbiamo provato (parliamo dell’inizio degli anni 2000 quando ancora l’approccio delle istituzioni alla comunicazione era scarso e soprattutto di difesa) a tenere insieme il rigore nel contenuto scientifico e medico con le logiche e le modalità di una comunicazione efficace. Questo approccio ha avuto successo, tanto che durante il primo anno della pandemia di Sars-CoV-2 Epicentro ha raggiunto e superato i 45 milioni di contatti. A conferma che c’è una richiesta di informazione validata a cui sarebbe bene che tutte le istituzioni riuscissero a rispondere nei tempi e nei modi attesi.
Negli ultimi anni hai riscoperto la passione per la scrittura giornalistica. Cosa ti ha spinto a tornare al giornalismo tradizionale?
Dopo molti anni di lavoro in ambito istituzionale, ho sentito il bisogno di tornare alla scrittura giornalistica. Noi di Zadig pubblichiamo Scienza in Rete, un magazine online che riflette sui temi della ricerca scientifica e del suo impatto sociale; perciò è stato facile riprendere una pratica che pure avevo messo tra parentesi per più di dieci anni. La scrittura giornalistica ha un impatto immediato e diretto sul pubblico, e credo che il giornalismo scientifico, pur con tutte le sue sfide, sia ancora uno degli strumenti più potenti per raggiungere le persone e interessarle alla conoscenza scientifica.
Come giudichi il cambiamento del panorama della comunicazione scientifica negli ultimi anni? Quali sfide rimangono?
Il panorama è cambiato notevolmente. Oggi c'è una crescente presenza di giornalisti scientifici, molti dei quali hanno un background scientifico, e i contenuti non si limitano più agli articoli tradizionali, ma includono anche podcast, video e altri media. Tuttavia, una delle sfide più grandi resta la gestione della comunicazione del rischio e delle crisi. Nonostante gli enormi progressi nel campo della comunicazione scientifica, ci troviamo ancora ad affrontare situazioni in cui la scienza viene trattata in modo impreciso o distorto.
Quali potenzialità vedi nella scienza per attrarre un pubblico più ampio e superare le barriere nella sua comunicazione?
Pietro Greco, grande giornalista scientifico e scrittore, nonché un amico scomparso troppo presto, insisteva sul fatto che non si può essere pienamente parte del mondo di oggi senza una visione di quello che accade che includa la scienza. L’obiettivo deve essere quello di favorire nelle persone un percorso che le porti a esercitare una sorta di “cittadinanza scientifica”. Non basta diffondere dati, ma bisogna raccontare storie o proporre riflessioni che riguardino la vita di tutti e tutte. La scienza deve diventare un dialogo, un modo per connettersi con le persone e rispondere alle domande reali che ci pongono.
Quale ruolo pensi che il giornalismo scientifico avrà nel prossimo futuro? E in particolare, vedremo l'emergere di figure come gli "influencer scientifici"?
Non è facile fare previsioni, soprattutto in un momento di crisi economica che colpisce i media tradizionali. Tuttavia, credo che figure come gli *influencer scientifici* possano avere un ruolo crescente, combinando solide basi accademiche con la capacità di comunicare in modo coinvolgente attraverso i social media. Questo approccio, se ben gestito, potrebbe attrarre un pubblico più giovane e curioso. La sfida sarà mantenere un equilibrio tra la popolarità e la qualità scientifica, evitando che la ricerca della visibilità comprometta l'integrità dei contenuti.
Parlare di giornalismo scientifico implica anche una riflessione sul metodo. Come si applica il metodo scientifico nel giornalismo, soprattutto su temi sensibili come la salute o la guerra?
Il metodo scientifico è cruciale anche nel giornalismo. Quando si trattano temi complessi come la salute o i conflitti, è essenziale basarsi su fonti verificate e analizzare i dati con una mente aperta ma critica. Ad esempio, durante la copertura delle crisi sanitarie, come l'epidemia di polio nei territori palestinesi, è necessario confrontare le fonti, saper distinguere tra fatti e opinioni, e garantire che le informazioni siano accurate e verificate. Questo è il modo in cui il giornalista scientifico può fare la differenza, applicando rigorosamente il metodo scientifico nella ricerca e nella presentazione delle informazioni.
Eva, ti ringraziamo per aver condiviso con noi la tua esperienza. C'è qualche messaggio finale che vuoi lasciare ai nostri lettori?
La comunicazione scientifica deve evolversi e adattarsi ai tempi, ma la verità e l'affidabilità delle informazioni devono restare al centro. Oggi più che mai, il giornalismo scientifico ha una grande responsabilità nel garantire che la scienza sia accessibile e comprensibile, soprattutto in un mondo che cambia velocemente e in cui le crisi ci pongono continuamente sfide. Se sei un giovane giornalista interessato alla scienza, ti incoraggio a formarti costantemente e a cercare opportunità in questo settore in continua evoluzione. E non dimenticare che, in fondo, il giornalismo scientifico è anche un modo per raccontare storie che ci riguardano tutti, per costruire ponti tra il pubblico e il sapere.
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