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Bart Vetsuypens COMUNDUS: "insegniamo alle persone a raccontare le proprie storie utilizzando la tecnologia digitale"
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Bart Vetsuypens COMUNDUS: "insegniamo alle persone a raccontare le proprie storie utilizzando la tecnologia digitale"

Educazione digitale e narrazione come strumenti di cambiamento nel Sud del Mondo

Nella puntata de L’IM(PITCH)ONE parliamo con Bart Vetsuypens, un educatore che ha intrapreso un percorso professionale inusuale, passando dall’ingegneria del suono all’insegnamento in contesti di crisi, fino a dedicarsi al digitale e al giornalismo.

La sua missione? Rendere l'educazione e la narrazione accessibili, in particolare nel Sud del mondo, dove le opportunità sono spesso limitate.

Attualmente coordina COMUNDUS, un progetto che forma giovani in contesti marginalizzati attraverso la tecnologia e la creatività. In questa intervista, Bart ci racconta la sua carriera, le sfide e gli impatti del suo lavoro.


Conosci un ospite interessante da intervistare nel nostro podcast L’IM(PITCH)ONE?

Se conosci un professionista, un esperto o una persona che ha una storia da raccontare nel mondo del giornalismo o della scrittura, scrivici! Non vediamo l'ora di ascoltarti!


Puoi raccontarci come sei arrivato a diventare insegnante?

La mia carriera è iniziata in modo inusuale. Sono stato formato come insegnante di Scienze e Tecnologia. Tuttavia, il mio primo lavoro mi ha portato a viaggiare per l'Europa come tecnico del suono, principalmente per facilitare il lavoro dei traduttori durante le conferenze. Dopo un po', ho iniziato a insegnare in una delle comunità più difficili di Bruxelles, Molenbeek. Ho cominciato insegnando "ebanisteria", dove ogni studente poteva realizzare i propri mobili. Allo stesso tempo, ho imparato come motivare i ragazzi che non avevano interesse a frequentare la scuola; un vero e proprio laboratorio educativo. Questo mi ha insegnato a essere flessibile e creativo nell'approccio educativo, specialmente in contesti complicati.

Qual è stato il momento che ha definito il tuo futuro professionale?

Un viaggio con mia moglie, in cui abbiamo insegnato in vari paesi, tra cui il Perù, ha cambiato la mia visione. Ho capito che la mia passione non era solo insegnare, ma farlo in contesti dove l’educazione è meno accessibile. Ho visto le difficoltà che molti giovani incontrano per accedere all’istruzione, specialmente nel Sud globale, e questo mi ha motivato a concentrarmi sull’educazione come strumento di cambiamento sociale.

Era un periodo in cui solo un numero limitato di insegnanti sapeva usare il computer. Come hai messo in pratica ciò che avevi imparato?

Dopo il mio ritorno in Belgio, ho iniziato a insegnare a colleghi l'uso del computer, dato che molti di loro non avevano familiarità con la tecnologia. Questo passaggio è stato fondamentale per modernizzare l'insegnamento. Successivamente, sono stato inviato in Brasile per insegnare alle organizzazioni come gestire strategicamente l'uso di internet, in qualità di ONG. Abbiamo inoltre avviato centri di apprendimento partecipativo su internet e ICT in quattro comunità. Lì ho avuto l'opportunità di formare giovani sull’alfabetizzazione digitale, un progetto che ha ricevuto anche un premio dalla Norvegia per l’innovazione educativa.

Come sei arrivato ad applicare il concetto di cittadinanza nell'insegnamento attraverso il gaming?

Dopo l’esperienza in Brasile, sono stato coinvolto in un progetto che mi ha permesso di esplorare il mondo del gaming educativo. Ho insegnato a giovani a usare un software chiamato "Game Maker" per creare giochi a tema sociale. Un esempio significativo è stato un gioco che abbiamo creato per sensibilizzare sulla migrazione e sulla gestione dei rifiuti a Bruxelles. Questi giochi consentono di affrontare temi complessi come il cambiamento climatico in modo coinvolgente e accessibile, stimolando il pensiero critico dei partecipanti attraverso dinamiche ispirate a "bonus" e "cattivi", tipiche del mondo ludico.

Come hai integrato lo storytelling digitale nel tuo lavoro?

Nel 2014, abbiamo collaborato con un'ONG che desiderava insegnassimo le tecnologie ICT nelle regioni remote delle loro scuole agricole. Insieme a giornalisti, educatori e professionisti impegnati nel dialogo Nord-Sud, abbiamo fondato Comundos e lavorato in Guatemala, nelle Filippine e in diverse zone dell’Africa, insegnando alle persone a raccontare le proprie storie utilizzando la tecnologia digitale. Abbiamo introdotto il concetto di "storytelling digitale", dando loro gli strumenti per esprimere le proprie esperienze e visioni in modo innovativo e potente.

About Comundos | Comundos

Quali sfide hai affrontato e come le hai superate?

Una delle principali sfide è stata la mancanza di infrastrutture adeguate in molte di queste comunità, come l'accesso limitato a internet o la difficoltà di registrare contenuti audio e video. In paesi come la Nigeria o il Camerun, internet è molto costoso e spesso ci sono frequenti blackout elettrici. Per ovviare a queste difficoltà, abbiamo adottato strategie come l'utilizzo esclusivo delle loro immagini, evitando di ricorrere a materiali reperiti su internet e garantendo al contempo l'assenza di problemi legati alla pubblicazione.

l’uso di immagini a bassa risoluzione per risparmiare dati e lavorato con le risorse locali, che hanno reso il processo educativo più efficace e sostenibile.

Come vedi il futuro dello storytelling digitale nelle comunità globali?

Lo storytelling digitale è destinato a crescere e a diventare uno strumento fondamentale per l’educazione e la comunicazione, soprattutto in contesti dove l’educazione tradizionale è scarsa o limitata. La capacità di raccontare storie in modo interattivo e multimediale offre alle persone, anche nei luoghi più remoti, l’opportunità di condividere le proprie esperienze, partecipare al dibattito globale e, soprattutto, guardare i media con occhio critico.

Che tipo di storie sono state realizzate dai partecipanti?

Le video-storie che i partecipanti hanno creato trattano temi molto significativi, come la parità di genere. Ad esempio, in Guatemala e nell'Amazzonia, molte donne hanno raccontato le loro lotte contro la cultura machista e le loro esperienze di emancipazione. Queste storie, che trovate anche su Spotify, sono incredibilmente potenti e testimoniano il coraggio e la determinazione delle persone nel cercare un cambiamento.

Come affrontano le difficoltà logistiche, come l'accesso a internet e l'energia?

Le difficoltà logistiche sono enormi, soprattutto in paesi come la Nigeria e il Camerun, dove l'accesso a internet è limitato e costoso. In un paese dove le persone guadagnano 50 dollari al mese, i blackout elettrici frequenti sono un ostacolo importante. Per superare queste difficoltà, abbiamo imparato a usare immagini a bassa risoluzione e a lavorare con tecnologie più semplici, che riducono al minimo l’utilizzo di risorse.

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Come si inserisce il vostro progetto nel contesto legale e sociale delle comunità?

*Il nostro progetto affronta temi legali e sociali fondamentali, come i diritti sulla terra. In Brasile, per esempio, le comunità quilombo, discendenti degli schiavi fuggiti, lottano per difendere le loro terre dalle invasioni delle grandi aziende agricole. Stiamo progettando corsi di formazione legale che coinvolgeranno anche giovani studenti di giurisprudenza, per aiutarli a proteggere i loro diritti e sensibilizzare la comunità su come difendersi dalle ingiustizie legali.

Qual è l'impatto di questa iniziativa?

L'iniziativa ha avuto un impatto positivo, raggiungendo oltre 800 persone. Molti partecipanti ci hanno detto che per la prima volta le loro storie sono state ascoltate e diffuse. Questo ha permesso loro di acquisire competenze digitali, ma anche di amplificare le proprie voci e di farle arrivare a un pubblico globale.

Come pensate che la comunicazione possa contribuire al cambiamento?

La comunicazione è uno strumento di empowerment fondamentale. Non si tratta solo di trasmettere informazioni, ma di dare alle persone gli strumenti per raccontare le proprie storie. In un mondo dove le disuguaglianze sono ancora molto marcate, la possibilità di far sentire la propria voce, attraverso il digitale e i media, è un modo per innescare un cambiamento sociale positivo.

Sustainable Development Goals - Institute of the Blessed Virgin Mary –  Loreto

Quali competenze sono necessarie per migliorare l'alfabetizzazione mediatica?

Per migliorare l’alfabetizzazione mediatica, è essenziale insegnare alle persone ad utilizzare gli strumenti digitali in modo critico. Devono essere consapevoli del potere dei media e imparare a utilizzarli per contrastare la disinformazione. Inoltre, competenze come l’Open Source Intelligence (OSINT) e la sicurezza informatica sono cruciali per un giornalismo moderno e per la cittadinanza consapevole.

Come vedi il futuro del giornalismo investigativo?

Il giornalismo investigativo è fondamentale, soprattutto nel Sud del mondo, dove spesso l’informazione è scarsa o manipolata. Le ONG devono dare maggiore attenzione al giornalismo investigativo, poiché le emittenti pubbliche sono poco sviluppate nella maggior parte dei Paesi in via di sviluppo. Un esempio importante è il ruolo che il giornalismo ha avuto nella lotta per i diritti della terra e per la difesa delle popolazioni vulnerabili.


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L'IM(PITCH)ONE è il podcast de L'ora del Pitch, dove ogni settimana offriamo le migliori opportunità di giornalismo, scrittura e storytelling. Un mix di interviste, consigli pratici e riflessioni sul futuro del giornalismo, per ispirare e connettere la comunità di raccontatori del mondo.